mercoledì 3 settembre 2008

90 MILES FROM CUBA..





L'estate in florida non si chiama summer....si chiama hurricanes season...e infatti la Disney si e' premurata di darci tutte le indicazioni e i consigli per essere preparati al meglio in caso di uragano.


Dal primo di giugno ad oggi gia' 3 volte siamo stati allertati. A noi italiani e' sembrato quasi esserci del panico, invece qui e' del tutto normale che la televisione non trasmetta altro che immagini dal satellite e la gente svuoti gli ipermercati per avere scorte di cibo e acqua.

Il primo allarme risale alla meta' di agosto. L'uragano era stato battezzato Fay e sembrava puntare diretto su Miami e le keys prima, e su Orlando poi.
La sfortuna ha voluto che proprio in quei giorni arrivassero in Florida i miei amici Ale, Vaz, Giuzza, Gamba e il Lazzi, decisi a fare un giretto di quattro giorni nel sud del Sunshine State.
Che fare allora? Lasciar perdere tutto e aspettare che Fay passasse? Neanche per sogno.
L'uragano non ci ha fermato e, sapendo che stesse salendo dalla parte orientale della Florida, abbiamo deciso di raggiungere Miami scendendo da quella occidentale, sicuramente piu' lunga ma anche piu' sicura. Questo tragitto tra l'altro, ci ha permesso di vedere quello che l'uragano aveva lasciato dietro di se' nella zona del parco naturale delle Everglades. In particolare, Everglades City si presentava completamente allagata dalla pioggia e anche piuttosto danneggiata.
Una volta lasciata la zona, ci siamo diretti a Miami dove io ho potuto incontrare due dei miei tre amici "terminati", ( leggasi licenziati ) un mese prima in quel dei Commons: Simo e Andrea.
Insieme a loro abbiamo potuto goderci South Beach e la sua spiaggia, la vita notturna di Miami ,sebbene in bassa stagione, e la vita da ostello.
Dopo di che si e' risaliti in macchina alla volta di Key West. E la strada che la congiunge a Miami e' spettacolare. Ponti bellissimi ( anche uno di 7 miglia ) e scenari da favola.
Key West e' l'ultima delle isole sottostanti la Florida nonche' il punto piu' a sud di tutti gli Stati Uniti: solo 90 miglia da cuba, meno che per tornare a Miami. Prima di essa Key Largo, Islamorada, Key Colony Beach e Marathon.
Dopo aver "enjoyato" due giorni sull'isola, abbiamo fatto ritorno sulla terra ferma fermandoci ancora un po' a Downtown Miami prima di riprendere la rotta per Orlando visto che la mia "licenza" era finita e la Disney mi aspettava per riprendere i miei magici turni di lavoro....
Ed eccomi di nuovo a casa, davanti al computer, a raccontare cio' che ho fatto pensando gia' a quello che faro'.





martedì 22 luglio 2008

3 BOYS IN ILLINOIS!






Finalmente quattro giorni di agognata vacanza. Una volta ottenuto il "back to back" restava da decidere dove spenderlo. Inizialmente si era pensato di andare in Messico, per rilassarsi e fare vita da spiaggia, ma i voli si sono rivelati cari e gli scali avrebbero fatto perdere un sacco di tempo.
Si e' ripiegato allora su Chicago, citta' poco reclamizzata dai piu' ma molto da chi ci e' stato.
E infatti io, Gaetano e Giorgio siamo rimasti piacevolmente sorpresi dalla windy city, che ricorda New York per la quantita' di grattacieli di cui e' ricca Downtown ma allo stesso tempo puo' offrire anche vita da mare. In realta' il mare in questione sarebbe il lago Michigan, ma la sua estensione fa si' che la differenza non si noti. Infatti esso potrebbe contenere al suo interno tutta la Svizzera, tutto il Lussemburgo e una parte dell'Italia settentrionale! La cosa molto suggestiva poi e' che la spiaggia cominci appena oltre Downtown, quindi proprio ai piedi degli altissimi skyscrapers. Peccato solo che ogni volta che ce ne avvicinavamo cominciava a piovere..
In ogni caso ce la siamo passata bene ugualmente e adesso si comincia a pensare alle prossime mete..
Coming up: NYC!!





lunedì 30 giugno 2008

SKYDIVING...















Lo sportello si apre. Le mie gambe si bloccano a tal punto che faccio fatica a compiere i due passi che mi separano dallo stesso. Davanti a me il vuoto. Un paio di respiri profondi. Poi mi spingono fuori..
E' difficile descrivere cosa si provi a lanciarsi in caduta libera da 5000 metri.. cosi' come e' difficile trovare il coraggio di farlo. Per alcuni istanti prima di tuffarmi ho odiato Silvia, che ha insistito tanto per portarmi con lei fino a convincermi.
In quel lungo, breve minuto di caduta libera le sensazioni sono inesplicabili. E la paura accumulata durante l'ascesa in aereo credo sia fondamentale per poterle godere appieno.
Durante i primi secondi di folle discesa, la mente si svuota. Poi, superato il primo impatto, comincia a salire l'adrenalina. Non sembra neanche piu' di cadere, ma di galleggiare sopra un vortice d'aria. Ed e' bellissimo. Sospeso tra la terra e il cielo, posso toccare l'aria che mi avvolge e mi abbraccia stretto.
Infine un forte strattone. Segno che, fortunatamente, il paracadute si e' aperto. Di colpo tutto il rumore che mi circondava sparisce e rimane solo silenzio. Adesso l'aria sembra ovattata e comincio a godere la lenta planata. Passo anche attraverso una nuvola e per alcuni istanti non vedo piu' nulla. Una volta uscito realizzo di non essere cosi' distante dal suolo e che la planata non e' poi cosi' lenta come sembrava qualche metro piu' su.
Quando ritrovo la terra sotto i miei piedi non riesco ancora a credere di averlo fatto.
Se prima ho odiato Silvia, a 16000 piedi di distanza non mi viene altro che abbracciarla e ringraziarla. Che sia anche questa la relativita' di cui parlava Einstein?










venerdì 13 giugno 2008

PAINTBALL WAR!!



L'America offre molto in termine di svaghi e divertimenti anzi, e' davvero insuperabile in questo.
Qualche settimana fa, io e i miei amici veniamo a sapere che qui ad Orlando esiste un posto dove e' possibile "giocare" alla guerra, aperto da mezzanotte alle sei del mattino...tra l'entusiasmo di alcuni e le perplessita' di altri decidiamo di andare a provare quanto siamo soldati.
Gli arruolati saranno 15, 11 maschi e 4 valorose donne.
Una volta arrivati, entriamo in questa specie di negozio dove ci si iscrive e si ottiene tutta l'attrezzatura necessaria. Alcuni schermi mostrano immagini di "battaglie" passate e demo esplicativi delle regole e dei casi da evitare per ragioni di sicurezza.
Finally, siamo pronti a ricevere casco, fucile e tuta. Quest'ultima pensavamo potesse attutire il dolore dei colpi ricevuti ma un ragazzo ci chiarisce subito che serve solo per non macchiare di vernice i vestiti. Bene ma non benissimo.
Vabeh, d'altronde senza un po' di sofferenza che simulazione sarebbe?
Usciamo dall'armeria e ci dirigiamo verso i campi di battaglia. In pratica, come a Milano ci sono i complessi con numerosi campi da calcetto, qui ci sono una serie di campi tutti differenti per giocare. Su tutta l'area sono dislocati bidoni, pannelli con feritoie e quant'altro per permettere di nascondersi e proteggersi dal fuoco nemico. C'e' pure un campo indoor, nel quale durante la battaglia viene "sparata" a palla musica hip-hop!!
Comunque, veniamo smistati in due squadre insieme ad altri ragazzi americani e tedeschi . Ci accorgiamo subito che sti ragazzini americani, la cosa la prendono sul serio. Cominciano a spiegarci battle plans, hanno mitraglie al posto dei nostri miseri fucili e, cosa piu' importante, sono degli incredibili cecchini.
Durante il primo game noi siamo tutti un po' bloccati e attendisti, cerchiamo di capire bene come si muovono gli esperti ma appena scopriamo la testa un secondo veniamo quasi tutti colpiti in piena maschera. Superato lo scotto del noviziato, con i successivi games cominciamo a divertirci, a sparare e a cooperare veramente. Il gioco finisce per coinvolgerti tantissimo. Corri come un matto per avanzare da una protezione all'altra mentre alcuni ti coprono sparando a raffica.. ti ripari dietro un bidone e senti la raffica di colpi che rimbombano dopo aver investito l'altro lato dello stesso...insomma ti prende un sacco. Cosi' come ti prendono un sacco gli avversari navigati.
Il risultato e' che abbiamo giocato fino alle 4 di notte sudando come pazzi e rimediando una discreta collezione di lividi!


giovedì 15 maggio 2008

THAT'S MY RIDE!!






In America , ovunque ci si trovi, ogni posto da raggiungere e' considerato vicino dagli americani (anche 12 ore di macchina per loro sono un salto) e maledettamente lontano dal resto del mondo, specialmente se non si ha un mezzo con cui spostarsi. Inoltre, qui ad Orlando la metropolitana non esiste e i mezzi pubblici sono si' convenienti, ma il vero prezzo da pagare e' l'odissea a bordo. Piu' di un'ora per raggiungere downtown, per me, e' un invito ad usare il taxi. Il che, se si e' in tanti, non e' neanche un brutto affare. I cab infatti tengono fino a 13 persone e la sera ti evitano di avere problemi con la polizia per aver bevuto una birra di troppo, cioe' due, dopo una serata in discoteca o in qualche locale. Per mesi ho usato ed abusato di questi cab tanto che ormai tutti gli autisti della zona mi conoscono e hanno il mio numero di telefono. Un paio di questi meritano menzione. Il piu' famoso e' Kojak. Non e' il suo vero nome, ma qui si usa dare un nome al proprio cab in modo da distinguerlo dagli altri e renderlo riconoscibile, e il risultato e' inevitabilmente che l'autista diventi il cab o viceversa. Ovviamente Kojak e' pelato, anche se a volte ama pitturarsi i capelli in testa, nel senso che se li disegna con un pennarello nero. Questa la sua particolarita', mentre quella del suo cab e' di avere il karaoke. Centinaia di cd per soddisfare ogni tipo di cliente e di nazionalita'. Come potete immaginare, all'andata grandi cantate con tanto di microfono e al ritorno grandi cantate da osteria, con microfono o senza.
Un'altro personaggio mitologico e' Matilda. Nome d'arte completo: Matilda the Hun. Quella di tassista e' la sua seconda carriera e di sicuro non la piu' prestigiosa. Vi invito a cercare su youtube i filmati che la riguardano..mi spiace deludere i piu' ma non era una pornostar..

In ogni caso, dopo mesi passati tra cab e autonoleggi vari, mi sono deciso a voler ottenere la patente della Florida. Inspiegabilmente, i ragazzi francesi possono convertire la loro patente europea senza dover sostenere alcun test; i tedeschi devono sostenere solo l'esame teorico; gli italiani devono rifare la patente completamente, quindi passare sia l'esame teorico che quello di guida. Non capisco ma mi devo adeguare. Prendo l'appuntamento all'ufficio piu' vicino e mi presento il mattino dopo in un altro ufficio. Fortunatamente sono uno dei primi ad essere arrivato quindi posso fare l'esame anche se la mia prenotazione non e' valida. L'esame scritto lo si sostiene davanti ad un computer e consiste in due test: road rules e road signs. Venti domande e cinque errori concessi per ciascun test. Il primo test e' abbastanza difficile, commetto il quinto errore alla diciannovesima domanda ma riesco ad azzeccare la ventesima e lo passo. Il test sui segnali invece e' facilissimo, in quanto i cartelli sono piu' o meno simili a quelli europei o comunque se ne intuisce il significato. Se comunque avessi fallito uno dei due, avrei potuto ripeterlo immediatamente pagando cinque dollari.
Passata la teoria, tocca all'esame di guida. Che ci crediate o no, all'esame di pratica bisogna presentarsi in macchina. E la cosa assurda e' che uno deve guidare in strada senza aver ancora fatto la patente per poi sostenere l'esame in un percorso realizzato in un parcheggio! Comunque anche questo esame e' abbastanza facile e lo passo agevolmente.
Riassumendo: mi sono presentato due volte alla scuola guida e il costo per avere la patente e' stato di venti dollari. Piu' o meno come in Italia..

Una volta ottenuta la patente americana, comincia la ricerca della macchina. Il caso ha voluto che proprio in quei giorni un mio collega finisse il programma e avesse urgenza di vendere la sua macchina prima di fare ritorno in Italia. Non mi sono fatto sfuggire l'occasione. Passaggio di proprieta', targa personalizzata e assicurazione. Questi gli ultimi sbatti burocratici ma finalmente e' ufficiale: la prima macchina intestata a mio nome e' una Pontiac Firebird del 94, 3.4 V6.
Take a look guys!!!











domenica 20 aprile 2008

NAPLES & SANIBEL ISLAND











Due giorni all'insegna del relax e della natura. Questo l'imperativo dei miei ultimi giorni liberi. Per staccare un po' dalla routine di Orlando e della Disney, ho fatto rotta verso sud, al fine di visitare Naples, cittadina signorile che non ha nulla in comune con la nostra Napoli e Sanibel Island, un'isoletta dalla flora e dalla fauna veramente speciali. Quest''isola e' collegata alla terra ferma da un ponte che si eleva sopra la baia e raggiungendola si puo' ammirare una vista spettacolare.
Al suo interno splendide spiagge bianche di conchiglie e un percorso ciclo-naturalistico lungo il quale si possono incontrare numerose specie di uccelli, pesci, coccodrilli, tartarughe e altro ancora. Il tutto in una cornice di vegetazione tropicale. Insomma, un vero paradiso.









domenica 30 marzo 2008

COCOA BEACH SURFING PRACTICE










Dopo nove giorni di lavoro consecutivi finalmente il giorno off..solo uno questa settimana sfortunatamente e quindi non puo' andare sprecato. Niente riposo, si sente il bisogno di qualcosa di nuovo e adrenalinico.

Obiettivo: provare a surfare. Location: Cocoa Beach. Risultati: alterni (sono stato anche "surfato" nel senso che un mio amico mi e' passato con la tavola sulla schiena..non piacevolissimo). Tornato a casa stanco e abbrustolito. Ma contento.

lunedì 17 marzo 2008

SIESTA KEY







Le temperature cominciano a salire e, allo stesso modo, la voglia di mare cresce. Ed il fatto che ad Orlando il mare non ci sia non ci scoraggia minimamente anzi, ci invoglia a muoverci. Questa volta la meta prescelta e' stata la spiaggia di Siesta Key, nei pressi di Sarasota, a circa 2 ore di strada da qui. La spiaggia ha tutte le principali caratteristice delle spiagge americane, o almeno di quelle delle Florida: e' enorme, la sabbia e' bianca, il mare e' freddo, ci sono le caratteristiche torrette dei bagnini e giusto quella decina di campi da beachvolley.
Il tempo non era bellissimo ma la spiaggia era piena ugualmente, perche' adesso qui e' periodo di spring break, ovvero le universita' americane chiudono per una settimana e i ragazzi e le ragazze si concedono un po' di vacanza e si spostano dai posti freddi a quelli piu' caldi.
L'americano medio, se cosi' si puo' chiamare, in spiaggia non puo' fare a meno di 3 cose: la sedia ( pochi maschi si sdraiano sull'asciugamano a differenza delle donne, sara' un segno di virilita'..mah ), la palla da football e la birra. La maggior parte delle persone e' dotata di borse frigo grosse come comodini e quelli che hanno paura di rimanere senza birra prima del tramonto caricano interi barili sui pick up e li scaricano sulla sabbia. Noi ovviamente eravamo sdraiati a pendere il poco sole che c'era ( roba da donne ), non avevamo birra ma avevamo la palla da football. Solo che ci giocavamo coi piedi creando diversi problemi ai nostri "vicini di posto" e attirando gli sguardi straniti degli altri.
D'altronde se l'italiano non si fa riconoscere che italiano e'?!



venerdì 15 febbraio 2008

WELCOME TO MIAMI






I miei genitori, dopo un mese e mezzo di assenza, cominciavano a sentire la mia mancanza. E per questo hanno deciso di andare a farsi una bella settimana a Miami..peccato che io viva solo a 220 miglia di distanza. Ovviamente pero', ne ho approfittato per raggiungerli e un giorno sono venuti loro a dare un'occhiata a dove sto io, complice anche un tempo non proprio da spiaggia.
Mentre ero li', un mio amico e collega di lavoro ha deciso di raggiungermi ma purtroppo se ne e' pentito presto: la prima sera infatti ha perso il portafoglio con dentro tutti i documenti, 2 carte di credito e tutto il resto.
Se non ci fossi stato io, si sarebbe ritrovato a Miami con 2 dollari in tasca e senza la possibilita' di tornare ad Orlando visto che non avrebbe potuto fare benzina, ne' pagare un bus.
Tralasciando queste piccole disavventure altrui, devo dire che Miami, per essere Miami, ha bisogno del sole. Senza, la citta' sembra piu' vuota e spenta, ma basta qualche raggio per far si' che la gente cominci a riversarsi per Ocean Drive o per le spiagge e la citta' sembra cambi completamente.
Ovviamente, la lingua "ufficiale" del posto e' lo spagnolo ( come in tutta la florida d'altronde ) e quindi non mi sono stupito del fatto che quasi nessuno si sia rivolto a me parlandomi in inglese..
Quando sono arrivato, era in corso un festival e buona parte di Ocean Drive era piena di bancarelle, artisti di strada, breakdancers, macchine d'epoca ( persino una mini cooper come quella di Spike! ) e, ovviamente, gente folle come ad esempio travestiti sui trampoli, uomini in bicicletta con tanto di gallina viva sul manubrio e gli immancabili Hare Krishna..insomma follia americana al suo meglio!
Purtroppo, come gia' detto, non ho potuto godermi la spiaggia e l'oceano a causa del tempo poco favorevole, ma ho potuto girare per la citta'. Farlo poi con la macchina che vedete qua sopra mi faceva sentire come in un film. Quando attraversavo il ponte che collega Downtown a Southbeach lo spettacolo era meraviglioso: grattacieli da una parte, il mare dall'altra con gli yacht dei ricchi ormeggiati davanti alle villle..davvero stupendo!
Se riesco ad avere liberi l'uno ed il due di marzo ci ritorno in occasione di un mega festival musicale a cui vorrei davvero assistere. Incrociamo le dita..

domenica 10 febbraio 2008

I LOVE THIS GAME!

Da buon appassionato, non ho potuto resistere alla tentazione. Essere ad Orlando e non andare a vedere i Magic era un delitto. Cosi' qualche sera fa ho deciso di recarmi all'Amway Arena per assistere alla partita tra gli Orlando Magic e i Chicago Bulls. Il palazzetto e' in piena Downtown, vicino alla stazione dei bus e a tutti i grattacieli.
Non avendo il biglietto, speravo di trovarne qualcuno ad un prezzo onesto al botteghino. Invece fuori dall'arena ho conosciuto uno scalper ( un bagarino ) che mi ha venduto per 40 $ dei biglietti che ne costavano 50.
Ero piazzato nel secondo anello, se si puo' chiamare cosi', ma devo dire che si vede bene dappertutto tanto e' vero che riconoscevo benissimo i giocatori.
Durante l'intervallo pero' ho deciso di intrufolarmi nel settore piu' in basso cosi' ho potuto vedere il secondo tempo da molto vicino. E' stato un bellissimo spettacolo e mi sono esaltato un sacco. Peccato che la mia fotocamera avesse la batteria scarica e non sono riuscito a immortalare qualche azione spettacolare..
In ogni caso credo proprio che ripetero' l'esperienza!!

mercoledì 16 gennaio 2008

A TRIBUTE TO FREEDOM





Vivendo in America sto perdendo la concezione temporale dei giorni e delle settimane a cui ero abituato. Innanzitutto qui la settimana comincia la domenica e non il lunedi'. Per me questo non significa necessariamente che la domenica debba lavorare. Ogni settimana la mia schedule (ovvero l'organizzazione dei miei turni di lavoro) e' diversa e di conseguenza  anche i miei giorni off. Se in Italia lavoravo dal lunedi' al venerdi' sempre con lo stesso orario, qui ogni settimana scopro come sara' quella dopo. 
Un'altra differenza fondamentale e' che qui non sono pagato mensilmente bensi' settimanalmente. Il venerdi' e' il giorno del pay-check ma in realta' tutti i giorni sono giorni di paga perche' alla fine di ogni turno riceviamo una parte delle mance raccolte durante lo stesso. 
Detto questo, che potrebbe essere anche di scarso interesse, lo scorso sabato sera io, Emanuele e una ragazza del Botswana abbiamo deciso di andare a trascorrere la serata al Universal City Walk. Il che non e' altro che la zona dei divertimenti notturni degli Universal Studios cosi' come Downtown Disney lo e' di DisneyWorld. 
Piu' precisamente siamo andati nel locale dedicato a Bob Marley e alla musica reggae: A Tribute to Freedom. Il posto e' molto carino, su due piani e con la pista per ballare all'aperto. Inoltre il posto e' pieno di foto, dischi e murales tutti riguardanti il re del reggae. 
La serata e' iniziata con la performance dal vivo di un gruppo molto bravo che suonava cover per poi passare il testimone al dj selecta che ha fatto ballare tutti al ritmo di raggae, dancehall e soca. 
Il locale era davvero pieno e l'unica foto che puo' testimoniarlo e' quella scattata dall'alto perche' quelle scattate dalla pista sono venute tutte scure. No non avevo problemi al flash della mia foto camera. Il "problema" era che c'erano solo neri!! I bianchi, compresi me ed Ema, saranno stati 5 o 6..  Molti di questi afro-americani erano enormi e con catene al collo di 10 chili..ma in fin dei conti anche noi in Italia le abbiamo. Solo che ci leghiamo i motorini.  

lunedì 7 gennaio 2008

CLEARWATER & YBOR CITY



Prima gita fuori porta. Dopo aver tirato su una manciata di amici ed aver noleggiato un monovolume Dodge, si e' partiti in direzione Tampa. Nei pressi della quale abbiamo potuto ammirare la spiaggia di Clearwater e la vita notturna di Hillborough, piu' comunemente chiamata Ybor City.
Non c'e' dubbio: l'America la si gode on the road.